IL GIUDICE DI PACE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile di primo
grado   iscritta   al  n. 157  del  ruolo  generale  per  gli  affari
contenziosi  dell'anno  2003, trattenuta in decisione all'udienza del
15  luglio  2003, tra Tarquinio Marsili, elettivamente domiciliato in
Palestrina,  via A. Sbardella 10, presso lo studio dell'avv. Domenico
Cautela,  che  lo  rappresenta  e  difende,  giusta  delega a margine
dell'atto  di citazione, attore, e RAS riunione adriatica di sicurta'
S.p.a.   in   persona   dei   legali   rappresentanti   pro  tempore,
rappresentati  e  difesi  dall'avv. Michele  Roma in forza di procura
generale  alle  liti  conferita  con  atto  a  rogito  notaio  Monica
Grammatica  di  Milano  in data 5 marzo 2003 rep. n. 1806 e dall'avv.
Giovanni  Iasilli in virtu' di delega a margine del presente atto, ed
elettivamente  domiciliati  presso  e nello studio di quest'ultimo in
Velletri,  via  Lata  217E  (c/o  lo  studio dell'avv. Pietro Costa),
convenuta. Oggetto: restituzione somma:

                      Svolgimento del processo

    Con  atto  di citazione ritualmente notificato, il sig. Tarquinio
Marsili  conveniva  in giudizio la Ras Ass.ni S.p.a. onde ottenere la
restituzione  della  somma  di Euro 151,42 pari al 20% di Euro 757,09
totale  dei  premi  che  l'attore  ha  corrisposto alla convenuta nel
periodo  dal  31 dicembre  1995 al 31 dicembre 1998 oltre interessi e
rivalutazione  dalle  date di pagamento al soddisfo, salva differente
cifra  che  si  riterra'  da liquidarsi in via equitativa ex art. 113
secondo comma c.p.c.
    L'attore,   a   sostegno  della  propria  domanda,  deduceva  che
l'autorita'   garante   delle   comunicazioni   e  del  mercato,  con
provvedimento n. 8546 del 28 luglio 2000, accertata l'esistenza di un
accordo tra compagnie assicurative in ordine ai prezzi praticati alle
polizze  per la r.c.a. con notevole aumento dei premi, comminava alla
Ras  Ass.ni,  unitamente alle altre compagnie una sanzione pecuniaria
per  violazione  della legge n. 287/1990 avendo le stesse attuato una
pratica restrittiva della concorrenza.
    Per   effetto  di  tale  accordo  e  della  partecipazione  della
compagnia di assicurazioni convenuta al predetto «cartello», l'attore
sosteneva  di  aver sopportato un esborso nel pagamento della polizza
obbligatoria  sulla  R.C.A.  pari  al  20%  dell'intera somma versata
quantificabile in Euro 151,42.
    All'udienza  di comparizione si costituiva la RAS Ass.ni .S.p.a.,
con   deposito   di  comparsa  di  risposta  con  la  quale,  in  via
preliminare,   eccepiva   la  nullita'  dell'atto  di  citazione  per
indeterminatezza  della  causa  petendi  e  contraddittorieta'  della
narrativa.  Eccepiva  inoltre  l'incompetenza  ratione  materiae  del
giudice  di  pace  adito,  precisando  inoltre  che  doveva ritenersi
competente  la  Corte  di Appello di Milano, ove la convenuta ha sede
legale  e  in  subordine  l'incompetenza  per  territorio  per essere
competente  il  giudice di pace di Milano. Nel merito eccepiva che la
vicenda  amministrativa,  che  pur aveva riguardato, tra le altre, la
compagnia  convenuta,  non  poteva  interferire  nei singoli rapporti
contrattuali,  non  poteva  creare  «giudicato  esterno»,  ne' poteva
spiegare  in  seno  al  processo  civile alcuna efficacia probatoria.
Eccepiva  inoltre  l'autonomo  rilievo  del  «blocco  delle  tariffe»
operato  dal  d.l.  n. 70/2000  e  l'estinzione  del  diritto vantato
dall'attore  per intervenuta prescrizione ex art. 2952, secondo comma
c.c.
    Alla  fissata udienza di comparizione, il procuratore dell'attore
chiedeva che fosse sollevata eccezione di legittimita' costituzionale
dell'art. 1  del decreto legge n. 18 dell'8 febbraio 2003 ritenuto in
contrasto  con  gli  artt. 3,  24,  25,  41,  77, 101, 102, 104 della
Costituzione  nella  parte  in  cui,  a modifica dell'art. 113, comma
secondo  del c.p.c., sottrae alla valutazione secondo equita' tutti i
giudizi  pendenti  innanzi agli uffici del giudice di pace e relativi
ai contratti c.d. di massa di cui all'art. 1342 c.c.
    Il   procuratore   della   convenuta,  rilevava  la  mancanza  di
fondamento  dell'eccezione  di  incostituzionalita' e chiedeva che la
causa fosse trattenuta in decisione.

                       Motivi della decisione

    Il   giudice  di  pace  ritiene  sussistenti  i  presupposti  per
sollevare  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 1 del
decreto-legge 8 febbraio 2003 n. 18 per violazione degli artt. 3, 24,
25,  41,  77, 101, 102, 104 Cost. nella parte in cui, a modificazione
dell'art. 113, comma secondo c.p.c., sottrae alla valutazione secondo
equita'  tutti  i giudizi pendenti innanzi agli uffici del giudice di
pace  e relativi ai contratti c.d. di massa di cui all'art. 1342 c.c.
cioe'  quei  contratti  che  sono  redatti  su  moduli  standard e si
rivolgono alla totalita' dei contraenti.
    L'art. 1  del  d.l.  n. 18/2003,  a  modifica  del  secondo comma
dell'art. 113  c.p.c., prevede che «il giudice di pace decide secondo
equita'  le  cause  il  cui  valore non eccede millecento euro, salvo
quelle  derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi
secondo le modalita' di cui all'art. 1342 c.c.»
    Come  effetti  pratici,  la  riformulazione dell'art. 113 c.p.c.,
sottraendo  il  contenzioso  afferente i contratti di massa al vaglio
secondo  equita', introduce per questa tipologia contenziosa il grado
di appello, in precedenza escluso.
    Una  siffatta  previsione,  limitata  ai soli contratti di massa,
comporta  il  dilatare  dei  tempi  della giustizia, il lievitare dei
costi  con l'introduzione di un altro grado di giudizio, la negazione
(o comunque l'estrema difficolta) all'esercizio del diritto di difesa
anche  in  riferimento all'art 82, primo comma c.p.c. ossia l'obbligo
di  assistenza  di  un  avvocato  in  appello anche se la parte si e'
difesa personalmente innanzi al giudice di pace.
    Senza  contare  poi  che  vi  sarebbe  anche  la  violazione  del
principio  di uguaglianza ex art. 3 Cost., posto che il d.l. in esame
riserva  un  ingiustificato  trattamento  di favore nei confronti dei
c.d.  «contraenti forti», cioe' di coloro che redigono ed «impongono»
alla  clientela  la sottoscrizione di contratti standard ex art. 1342
c.c.,  poiche'  il  vaglio  della esecuzione di detti contratti viene
sottratto  alla  valutazione  e al rito secondo equita', a differenza
dei   contratti   predisposti   da   altri   professionisti,  ma  non
riconducibili  all'art. 1342  c.c.,  cui  continua  ad  applicarsi il
giudizio e il rito secondo equita'.
    Come  e'  noto,  le  compagnie  di  assicurazione hanno l'obbligo
normativa  di contrarre in materia di R.C.A., attenendosi alle regole
del  libero mercato cosi' come, dall'altro versante, il contraente e'
obbligato a stipulare una polizza R.C.A.
    Il  rapporto contrattuale deve nascere e svilupparsi nel rispetto
delle regole del mercato, quelle medesime regole la cui violazione da
parte   delle   imprese  assicuratrici  e'  stata  accertata  con  la
costituzione  di  un  accordo di cartello mirante ad uniformare verso
l'alto  i  prezzi  delle  polizze.  Sotto  questo  profilo,  il  d.l.
censurato parrebbe in contrasto con l'art. 41 Cost., in base al quale
la  libera  iniziativa  economica  privata  «non  puo'  svolgersi  in
contrasto  con  l'utilita'  sociale  o in modo da arrecare danno alla
sicurezza, alla liberta', alla dignita' umana».